31enne russo condannato a 4,4 anni per offesa al simbolo militare
Un uomo di 31 anni di Kemerovo, in Russia, è stato recentemente condannato a quattro anni e quattro mesi in un colonia penale per aver pubblicato un commento provocatorio sui social media, promettendo di urinare su un simbolo nazionale. La vicenda solleva interrogativi sulla libertà di espressione in un contesto di crescente repressione.
Il commento provocatorio
La condanna di Alexander Panasenko è avvenuta a seguito di un post su VKontakte, risalente a maggio 2024, in cui ironizzava sulla legislazione russa riguardante le multe e la detenzione per atti considerati oltraggiosi nei confronti del nastro di San Giorgio, simbolo militare del paese. In risposta a un post della Duma di Stato che ricordava le nuove norme, Panasenko scrisse: “L’ho comprato, e ci piscerò sopra. E non mi interessa chi si offende per questo.” Le autorità locali non hanno tollerato l’affermazione e hanno subito arrestato l’uomo, accusandolo di deturpare un simbolo di gloria militare.
Sentenza e legge sul nastro di San Giorgio
Il tribunale regionale di Kemerovo ha emesso la sentenza, stabilendo la pena di quattro anni e quattro mesi di detenzione in una colonia penale. Inoltre, Panasenko non potrà più postare contenuti online per tre anni. Nel suo verdetto, il tribunale ha sottolineato la gravità del reato, tenendo conto della posizione del pubblico ministero.
Il nastro di San Giorgio è un simbolo militare russo caratterizzato da un motivo bicolore nero e arancione, utilizzato per importanti decorazioni militari. Nel dicembre 2022, la legislazione russa ha inasprito le sanzioni per chi deturpa questo simbolo, con pene che vanno da multe comprese tra tre e cinque milioni di rubli fino a reclusione di tre o cinque anni.
Nonostante la severità della pena inflitta a Panasenko, il caso appare particolarmente duro se comparato ad altre condanne: un anno fa, un altro trasgressore aveva ricevuto solamente un anno e mezzo di detenzione per aver legato il nastro di San Giorgio attorno ai propri genitali e aver pubblicato una foto online.

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