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Gruppo Edicom

 

direttore Salvo Bella         
       
 

Massimo BossettiNon conosco approfonditamente le teorie e le ipotesi avanzate dal collegio difensivo, ma io, personalmente, ho, purtroppo, il forte sospetto che Massimo Giuseppe Bossetti sia stato incastrato da qualcuno.

Non mi si venga a chiedere da chi, perché, come e quando. Non lo so, ovviamente, e non è compito mio accertarlo. Potrebbe essere stato chiunque, e io spero solo che gli inquirenti, i quali, come è noto, si sono resi protagonisti di una lodevole e complessa attività di indagine, valutino, quanto prima, l’opportunità di considerare seriamente anche questo ulteriore scenario alternativo.

 

Non faccio parte del collegio difensivo. Ho avuto il grande piacere di conoscere l’avvocato Claudio Salvagni, professionista che, come è noto, ha un notevole spessore umano, oltre che professionale. Apprezzo molto la passione, la grinta, l’intima sua convinzione di innocenza e la tenacia con la quale sta difendendo questo che è solo un ingenuo e bonaccione padre di famiglia.

Ma al di là delle mie intime convinzioni (che lasciano il tempo che trovano), pur non essendovi prove dirette a suffragio di questa mia ipotesi, avendo acquisito diversi pareri da alcuni genetisti forensi (assolutamente obiettivi e imparziali), e dopo aver letto la sentenza, alcuni atti difensivi, nonché dell’ulteriore carteggio processuale e procedimentale, ritengo di poter ragionevolmente affermare che vi siano diversi elementi indiziari, di carattere scientifico e non, che mi inducono a ritenere che questa mia ipotesi sia seriamente da prendere in considerazione.

In un libro la cronistoria

degli strani depistaggi

 

9788882363482

 

1) Riferisce il prof. Capra (consulente del collegio difensivo) che nella traccia biologica mista denominata 31G20 il DNA nucleare della vittima è risultato essere fortemente degradato, mentre quello di “Ignotouno” altamente cellularizzato, di ottima qualità e quantità; circostanza, questa, asseritamente anomala che fa propendere per il deposito NON contestuale dei rispettivi materiale biologici.

2) Nella loro relazione, i Ris di Parma, a pag 267, rilevano che "appare quantomeno discutibile come ad una degradazione proteica della traccia non sia seguita una degradazione del DNA". Sono gli stessi Ris, quindi, a nutrire evidenti perplessità in ordine alla circostanza che la traccia risultava essere totalmente degradata a livello proteico (tanto è vero che NON è stato nemmeno possibile, se non per esclusione, risalire al fluido di appartenenza) a fronte di un profilo genetico nucleare ( “Ignotouno”) che, invece, risultava essere stato estratto da materiale biologico fortemente cellularizzato, di ottima quantità e qualità. Anche questa circostanza fa propendere per la conclusione che quel frammento di materiale biologico rinvenuto in quella traccia presentasse caratteristiche peculiari, non naturali, piuttosto anomale.

3) Generalmente, nelle tracce biologiche (ancorché miste e degradate) è molto più probabile che si riesca a ricavare gli aplotipi mitocondriali di determinati soggetti e NON i profili genetici nucleari agli stessi appartenenti, in quanto è fin troppo noto, nella letteratura scientifica, che la capacità di resistenza del DNA mitocondriale (in riferimento agli attacchi degli agenti atmosferici e dei liquidi del corpo in decomposizione) è nettamente superiore alla capacità di resistenza del DNA nucleare. Ebbene, nelle tracce di interesse investigativo, in cui è stato emarginato il DNA nucleare “Ignotouno”, inspiegabilmente, in seguito alle analisi a tal fine espletate, non è stato possibile ricavare lo stesso DNA mitocondriale dello stesso “Ignotouno”. Questo INSPIEGABILE fenomeno scientifico si è verificato NON in una ma in tre tracce biologiche analizzate dalle quali si è ricavato il profilo genetico “Ignotouno”.

4) Dal punto di vista scientifico, vi sono diverse spiegazioni che astrattamente possono giustificare il NON rinvenimento di un aplotipo mitocondriale in tracce miste degradate in cui è stato rinvenuto il profilo genetico nucleare appartenente allo stesso soggetto (le stesse vengono analiticamete illustrate anche dal prof Previderè nella sua relazione depositata agli atti), ma, in concreto, nessuna di queste giustificazioni, valide sul piano epistemologico, si attaglia al caso di specie: più nel dettaglio, secondo i Ris di Parma la traccia 31G20, dalla quale è stato ricavato il profilo genotipico nucleare denominato “Ignotouno”, NON è risultata essere positiva al liquido seminale né, tanto meno, alla saliva. Per esclusione si è accertato che questo fluido fosse sangue. Come osservato dallo stesso prof. Previderè nella precitata relazione, nella letteratura scientifica, allo stato attuale, NON è data riscontrare alcuna ipotesi in base alla quale in una traccia biologica mista (ancorché degradata) il sangue misto a sangue comporti la scomparsa in tutti i punti analizzati (e sottolineo tutti) dell'aplotipo mitocondriale di un soggetto di cui, nei medesimi punti, viene rinvenuto il profilo genotipico nucleare. Ergo, in letteratura, in casi analoghi al caso di specie, pare non esserci alcuna spiegazione squisitamente epistemologica di tale fenomeno: riferiscono gli esperti in materia che la regola è che in ogni traccia biologica mista (ancorché degradata), in seguito alle relative analisi a tal fine espletate, se si riesce a ricavare il profilo genetico nucleare di un determinato soggetto (Ignotouno) a maggior ragione (visto i differenti tempi di degradazione), nella medesima traccia, non si può non ricavare anche l’aplotipo mitocondriale appartenente allo stesso soggetto (Ignotouno) . Come evidenziato nella sua relazione dallo stesso prof. Previderè, vi sono solo alcune eccezioni a tale regola generale, ma tutte, in quanto tali, sono assolutamente corroborate dalla comunità scientifica (ovvero, vi sono studi scientifici nazionali e internazionali che confermano tale eccezione, giustificandola sul piano scientifico) e nessuna di tali eccezioni pare possa essere applicata al caso in esame. Ed infatti sembra d'obbligo evidenziare che, affinché un’eccezione ad una regola scientifica possa considerarsi tale, essa necessita, inesorabilmente, delle relative conferme da parte della comunità scientifica di riferimento: in altri termini, se NON vi sono studi nazionali o internazionali che giustifichino un determinato evento che si ritiene essersi estrinsecato nella realtà fenomenica, lo stesso evento non può assumere alcuna valenza epistemologica, cioè non può essere ritenuto come un’eccezione alla regola e, in riferimento a quello stesso fenomeno (asseritamente) concretizzatosi “in rerum naturae”, in realtà, non può non trovare applicazione la regola generale. Allo stato, nella comunità scientifica di riferimento, in casi analoghi al caso in esame, NON pare esservi alcuno studio nazionale o internazionale che possa fornire, da un punto di vista squisitamente gnoseologico e scientifico, delle razionali spiegazioni alle predette mortificazioni e lapidazioni delle leggi della natura.

5) è emerso processualmente che Yara e Bossetti non si sono mai conosciuti, appartenevano a due mondi completamente distinti e separati.

6) è evidente come non vi sia alcun razionale movente che possa legare Massimo Giuseppe Bossetti al delitto ascrittogli. Nei processi indiziari, la causale dell’omicidio, secondo l’impostazione maggioritaria, è da considerarsi come il “collante che unisce i vari elementi indizianti” ed appare piuttosto complicato poter inferire che, in questo procedimento giudiziario, il movente omicidiario sia stato individuato al di là di ogni ragionevole dubbio.

7) Oltre a questo DNA (che, quindi, presenta notevoli margini di dubbio), come chiarito anche dalla Corte di Assise di Bergamo, oltre che dai vari giudici intervenuti nell’ambito delle “procedure de libertate”, non vi è alcun ulteriore significativo elemento indiziario a carico dell’imputato Perfino di quel famoso furgone che, stando all’avvincente telefilm propinatoci per circa un anno dai media nazionali, avrebbe girato, a caccia della sua preda, intorno alla palestra per circa un’ora, adesso non vi è più traccia (è sparito dalla scena), avendo la Corte sostanzialmente riconosciuto che nessuno dei furgoni immortalati dalle telecamere possa essere ricondotto a quello che era in uso a Massimo Giuseppe Bossetti, perché appare oltremodo evidente che, come provato in dibattimento dallo stesso collegio difensivo, trattasi di furgoni molto diversi e, per tale motivo, è stata ritenuta superflua anche la relativa perizia che ne confermasse ulteriormente la non attribuibilità.

Orbene, viste le considerazioni di cui sopra, ora una domanda sembra più che opportuna: può un uomo essere condannato all’ergastolo in base ad un unico elemento probatorio (quello del DNA) fortemente messo in discussione dal suo collegio difensivo e che presenta una molteplicità di anomalie assolutamente non spiegabili (se non con l’ipotesi che la stessa persona sia stata incastrata da qualcuno) e senza che vi siano ulteriori significativi elementi indiziari a suo carico? Può bastare unicamente il DNA? Questo DNA?

Ed ecco, allora, che, per rispondere al quesito dianzi prospettato, tornano alla mente i preziosi insegnamenti delle autorevoli voci dottrinali (Federico Stella, Tonini, Marinucci, Dolcini, Mantovani, Fiandaca) che grande attenzione hanno dedicato al rapporto tra diritto e scienza, segnatamente al rapporto tra il dato statistico (emergente dalla legge scientifica di copertura rilevante nel caso concreto) e le ulteriori evidenze probatorie acquisite nel contraddittorio tra le parti: il dato scientifico - si assume - va sempre calato nella realtà processuale (o procedimentale) onde verificare che esso venga corroborato o frustrato dalle ulteriori emergenze e che non vi siano interferenze di decorsi causali alternativi che possano spiegare razionalmente un determinato evento. Il richiamo a due pronunce specifiche della Suprema Corte, operato dalla Corte nella sentenza recentemente depositata, nella specie, non appare appropriato. Secondo l’impostazione in assoluto maggioritaria, fatta propria finanche dalla Cassazione a Sezioni Unite (“sentenza Franzese”), oltre che dalla dottrina in assoluto maggioritaria, occorre, infatti, ragionare non solo in termini di probabilità statistica ma anche in termini di probabilità logica: il dato scientifico (nonché l’elemento indiziante da esso ricavato) da solo non può essere sufficiente e non può portare né ad una sentenza di condanna né, tanto meno, all’adozione di una misura custodiale, ma, a tal fine, deve essere sempre e comunque accompagnato da ulteriori elementi indiziari, in modo tale che si possa pervenire ad un giudizio di colpevolezza con alto grado di credibilità razionale e, quindi, al di là di ogni ragionevole dubbio.

Alla stregua di tutte le considerazioni che precedono, in qualità di cittadino di questo meraviglioso Paese, auspico seriamente che, in fase di appello, si conceda al collegio difensivo la possibilità di poter ripetere le analisi genetiche su questi famigerati reperti e che si possa fare totalmente luce su tali aspetti scientifici. Solo con la concessione della perizia si potrà sgombrare il campo da questa ipotesi che a me appare inquietante ma quanto mai realistica. Se non venissero concesse le perizie nemmeno in appello, io ritengo che un gravissimo vulnus ai diritti costituzonali di quest’uomo continuerebbe a perpetrarsi e sarebbe, a mio avviso, forse il caso di malagiustizia più eclatante verificatosi nella storia giudiziaria del nostro Paese.