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Gruppo Edicom

 

direttore Salvo Bella         
       
 

L’ambiguità degli accertamenti “scientifici” sui delitti è al centro di un importante dibattito fra giuristi, biologi e altri esperti della complessa materia. Il giudice Gennaro Francione, direttore del "Movimento di neorinascimento della Giustizia",  strenuo sostenitore dell'epistemologia del filosofo austriaco Karl Raimund Popper, dal quale prende le mosse, va sviluppando il tema della criminologia dinamica, con notevoli implicazioni per le attività processuali e il sistema giudiziario attuale, che viene messo apertamente in discussione. Il magistrato è noto e apprezzato anche per decine di saggi e notevoli opere di narrativa. Al dott. Eugenio d’Orio, noto biologo forense e criminalista (molti gli studi all'estero, ora ammesso come ricercatore all'Università di Copenhagen) che collabora in questi studi col giudice Francione, abbiamo chiesto un articolo, che qui pubblichiamo.

Neorinascimento della Giustizia

Francione Francione genetica

Gennaro Francione
Gennaro Francione 2
 

Grazie al progresso tecnologico-scientifico, ad oggi si è in grado di sviluppare metodologie di indagine che prima erano comunemente ritenute “fantascientifiche” ovvero “utopiche”.

Ad oggi, gli investigatori di tutto il mondo si possono giovare di nuovi ed avanguardistici sistemi, tecnologie ed approcci scientifici quando devono porre in essere le indagini per un dato delitto.

Il vero boom della scienza forense, ossia la scienza applicata alle indagini, si ebbe con l’avvento del DNA e delle tecnologie identificative ad esso correlate. Tali tecniche, poste in essere solo da un ventennio a questa parte, sono correntemente perfezionate e migliorate ed hanno la peculiarità di rendere possibile l’identificazione di un individuo in maniera univoca e scientificamente certa.

Oltre a ciò grande importanza è data dal fatto che tali tecniche forniscono anche la possibilità di identificare il tipo di tessuto biologico, il cui uso a fini forensi è davvero di inestimabile valore.

Ancora, le più moderne tecniche sono volte alla valutazione delle posizioni nello spazio relative delle diverse evidenze biologiche rinvenute in un dato reperto o luogo.

Visto il grandissimo successo applicativo delle suindicate tecniche scientifiche in ambito forense, anni fa, cavalcando il clamore di quest’importante ausilio proveniente dalla scienza e dai suoi risultati, i media bombardarono i mezzi di informazione parlando di “prova regina”, grazie alla quale tutti i misteri sono svelabili, e tutte le indagini si possono concludere in maniera certa e giusta, assicurando il reo alla giustizia. Nel corso degli anni, inoltre, il DNA o cosiddetta “prova regina” fu  determinante per dimostrare l’innocenza di soggetti condannati per gravissimi delitti (tra cui moltissimi casi di omicidio e stupro) i quali avevano sempre, a gran voce, dichiarato la propria innocenza senza esser creduti.

 

Tuttavia è importante dare il giusto peso nell’ambiente investigativo forense al DNA e alle tecniche ad esso correlate. Infatti, come sostenuto da molti storici investigatori, non si può affidare la risoluzione totale di un’indagine all’elemento scientifico, in quanto esso è carente dell’elemento di “investigazione tipica” da sempre posto in essere dagli investigatori classici. Tale obiezione, accolta in malo modo dall’ambiente scientifico forense, trovò il suo primo riconoscimento con una legge inglese, risalente a circa 10 anni fa, la quale, a seguito di allora recenti fatti di cronaca investigativa, limitava la forza probatoria del dato scientifico del DNA se questo non era suffragato da almeno un elemento probatorio proveniente dalle indagini classiche. Ciò fu giustamente posto in essere per prevenire l’abuso e la scorretta valutazione da parte sia degli scienziati forensi sia dei giudicanti della cosiddetta “prova regina”.

Un primo precedente fu così creato!

Eugenio DOrioAppurato tale aspetto si prosegue su una linea simile al giorno d’oggi; infatti, sempre con il fine di dare la giusta valutazione forense a questa prova (né eccessiva né inferiore a quella che merita), una nuova teoria in dottrina, esposta dal giudice Gennaro Francione e da me, punta a dare completezza scientifico-probatoria al DNA e soprattutto a fornire agli operatori del settore (magistrature giudicante e requirente, investigatori privati classici e scientifici e avvocati specializzati nelle indagini difensive ecc.) il giusto corredo informativo quando ci si approccia a tale materia.

Per l’appunto, la nuova teoria della “Criminologia dinamica”, essendo una calibrata commistione tra legge e scienza, in quanto scaturisce da un magistrato e da uno scienziato forense, vuole analizzare e puntualizzare la valenza del DNA in chiave probatoria, onde evitare eccessiva fiducia in tale mezzo di prova sia da parte dei professionisti del settore, sia da parte dei “non addetti ai lavori”.

Tutti devono ben recepire questo messaggio!

Ad oggi il DNA cosiddetto “prova regina” consiste in una mera valutazione di un dato statico, anche se preciso e valido scientificamente.

Ne consegue un “mostro”!

Infatti, basandosi sulla sola valutazione statica, si dà una valutazione gravemente superficiale ed incompleta del dato scientifico.

Nello specifico, la teoria della “Criminologia dinamica” fa un’opportuna distinzione tra DNA in senso “statico”, per tale intendendosi il semplice ritrovamento su un dato reperto o luogo di materiale biologico di un soggetto (la cui identità sarà poi individuabile grazie all’esame genetico), e DNA in senso “dinamico”, per tale intendendosi,non solo la valutazione del dato genetico, ma integrando questa con i fattori modali e temporali. In altre parole, si vuole rispondere ai seguenti interrogativi:

In che modo quel materiale biologico fu depositato ove repertato? E quando avvenne ciò?Si possono escludere contaminazioniE, in caso di sicura esclusione,  che senso ha quel materiale in rapporto alla dinamica omicidiaria?". Tale teoria, dunque, si pone come strumento sinergico di diversi aspetti inerenti la biologia forense (non più dunque la sola genetica) e le tecniche sviluppate dalle scienze criminalistiche. Grazie all’integrazione delle suddette tecnologie,  si può valutare non solo il dato genetico (nome e cognome del soggetto che ha lasciato la traccia biologica in esame) ma anche la disposizione nello spazio di questa, le relative quantità, il tessuto di provenienza e quant’altro sia possibile apprezzare e valutare scientificamente, il cui fine è la valutazione dei fattori modali e temporali associati al dato genetico.

Il tutto sempre in una chiave popperiana dove si proceda ad applicare il principio di falsificazione, valutando rigorosamente tutte le alternative che potrebbero vanificare l’ipotesi base ovvero che il portatore del materiale genetico sia realmente l’assassino e non sia invece estraneo all’azione omicidiaria, o perché il reperto era contaminato per vie casuali dal suo DNA o perché egli sia intervenuto sul corpo in un momento successivo al  delitto   da altri commesso.

Da ciò consegue un novellato concetto di “prova regina”, che i media e i professionisti del settore dovranno far proprio al più presto, onde evitare di riporre tutti eccessiva fiducia nel solo dato genetico.

Tutto ciò, in senso più ampio, fa fisiologicamente parte di ciò che l’evoluzione tecnico-scientifica rappresenta.

Ma sarà opportuno render noto a tutti, professionisti del settore e non, che il DNA, stando alla concezione statica con la quale è tuttora valutato, può non essere la vera prova regina su cui poi basare un processo o la fase procedimentale! Stando alla sola valutazione statica, il DNA  si configura al più come un mero indizio!

Onde evitare di cadere nel falso mito della “prova regina”, mostruosità mediatica creata in maniera colposa anni addietro, la Criminologia Dinamica combatte questo pericolosissimo dogmatismo scientifico connesso al DNA, capace per il  sua osanna e l’onnipotenza conclamata dall’accademia di portare i giudici a commettere tremendi errori giudiziari. Tanto più gravi in quanto riferentisi per lo più a ipotesi omicidiarie punite nei casi estremi con l’ergastolo.

La strada percorsa è quella dell’avvento del processo di tipo scientifico con ricerca di prove fortissime come sostenuto dal giudice Francione, a discapito di quello indiziario, in linea con quanto ci si sarebbe dovuto attendere col passaggio dal modello processuale inquisitorio a quello accusatorio.  Francione conduce la sua battaglia da anni contro il processo indiziario sostenendone l’incostituzionalità proprio perché con gl’indizi,  e il DNA nei sensi  da noi esplicitati lo è,  non si raggiunge il rigore scientifico che l’epistemologia moderna richiede. Con gl’indizi non si crea scienza giuridica ma letteratura, per cui a fronte di frammenti si può romanzare tutto e il contrario di tutto. Si necessita, pertanto, di prove fortissime tali per cui di fronte a qualunque sperimentatore si raggiunga lo stesso risultato (G. Francione L'errore  del  giudice  -  Contro  il  processo  indiziario, Ianua, Roma 2002).

È solo questione di tempo, il fine cui si giungerà sarà il medesimo, ossia, anche tramite la giusta valutazione delle evidenze scientifiche e servendosi ed utilizzando in maniera consona il novellato concetto di prova regina, si porranno nel futuro in essere processi, per modalità e approccio, che maggiormente riconoscano e tutelino i diritti dei soggetti, in modo conforme a quanto sancito nella nostra Costituzione.

Le proposte per porre in essere l’avvento del sistema processuale scientifico, a danno dell’ormai retrogrado processo indiziario, ci sono e consistono nel procedere con rinvio a giudizio solo nei casi di fortissime  evidenze scientifiche a danno dell’imputato, l’utilizzo e l’applicazione del novellato concetto di prova regina, l’introduzione (per garantire i diritti dei soggetti indagati) delle figure del “legale pro-incognito” e del “consulente pro-incognito”, nonché istituire un “servizio nazionale di scienze forensi” alle dipendenze della Magistratura giudicante, dunque terzo ed imparziale come essa stessa, a cui affidare le indagini nella fase procedimentale.

Nel contempo bisognerà  variare quella che è la posizione del PM, conferendogli  unicamente la funzione di “accusa”, separato dai giudici, dispensandolo dalla ricerca delle evidenze pro-reo e servendosi dell’apparato della PG, ovvero i RIS dei CC e la Polizia Scientifica. Ciò consentirà l’applicazione  dell’articolo 111 della Costituzione creandosi una parità effettiva e non solo sulla carta tra accusa  e difesa, con l’istituto terzo incaricato di acquisire e analizzare i reperti, con interventi ab origine di procuratori pro e contro con le loro équipe di esperti.

Porre in essere una riforma processuale di questo tipo vuol dire, da un lato, massimizzare i principi di diritto e di garantismo, e, dall’altro, esaltare grandemente l’uso applicativo in ambito forense delle evidenze scientifiche.

 

Dott. Eugenio D’Orio

Biologo forense e criminalista