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Gruppo Edicom

 

direttore Salvo Bella         
       
 

Agenti della Digos“L'impressione è che possa trattarsi di un gesto simbolico, senza alcuna concreta valenza intimidatoria”: così la polizia definisce l’ordigno piazzato a Roma all’esterno dell’appartamento dell’avv. Paolo Saolini, responsabile degli affari legali del vicesindaco nella giunta pentastellata di Virginia Raggi. Lo riferisce l’Agenzia Italia. Questo tipo di valutazione è spiegato con la precisazione che il reperto è un congegno elettrico di accurata fattura confezionato per fare scoppiare una bomba, ma privo di esplosivo: una riflessione particolarmente allarmante se a farla sia la Digos, cioè l’ufficio politico della questura, quasi che senza devastazioni non possano esserci atti intimidatori.

Sorge il dubbio che diversa sarebbe stata l’interpretazione da parte di chi indaga se l’accaduto avesse riguardato non il Movimento Cinque Stelle di Beppe Grillo ma il collaboratore di una giunta comunale filogovernativa; o sarebbe bastata una pisciata dietro una porta di casa di Matteo Renzi per fare uscire dalle caserme anche i carri armati e diffondere interminabili messaggi di solidarietà e gridare al nemico in agguato.

Non è la prima volta che, col ministero degli Interni ad Angelino Alfano, in molti uffici di polizia si registra la tendenza a fare passare sotto gamba episodi di minacce gravi. Il dirigente del commissariato di Legnano, Francesco Anelli, è arrivato a sostenere che ricevere per posta un proiettile con un biglietto intimidatorio non costituisce un pericolo: con questa e con altre affermazioni false sminuiva la credibilità del mio libro “Yara, orrori e depistaggi” sull’omicidio di Yara Gambirasio, che ambienti oscuri cercavano di bloccare.