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Gruppo Edicom

 

direttore Salvo Bella         
       
 

facebook censoredI tribunali sono intasati di processi per minacce di morte a magistrati e giornalisti diffuse attraverso Facebook, che non ha censurato messaggi pericolosi e truculenti mentre, invece, si picca di oscurare la foto di un culo e addirittura sospende per aver menzionato il negozio di un signor Ricchioni. Sembra il brutto andazzo della peggiore politica, che non butta fuori i ladri nemmeno dopo l’intervento della magistratura.

I paradossi del più diffuso social sono l’esito nefasto di sistemi informatici che rilevano l’uso di parole messe al bando, ma anche effetto dell’inadeguatezza di strani team di revisione incapaci di comprendere il contesto e di andare perciò oltre le formule.

Se non ti piace non leggere più quel post

Chi segnala insulti o minacce si sente rispondere da Facebook con un messaggio automatico che lo invita a non leggere più un post che non gli piace, che può essere letto comunque in eterno in tutto il mondo; perché la diffamazione non è reato in California, dove ha sede il colosso.

Post con frasi come “uccidete quei magistrati”, “impiccate il giornalista” e “sparategli” sono all’ordine del giorno; né si comprende perché Facebook non se ne accorga e non li elimini. Continuano a vivere senza essere chiusi, addirittura, interi gruppi che manifestamente hanno come scopo l’istigazione a delinquere.

Il recente libro di Tommaso Accomanno “Social Crime” documenta come Facebook abbia automaticamente degenerato l’informazione, essendo una interminabile piattaforma nella quale passa di tutto e di più, con evidenti scontri fra bande, non sapendo di che cos’altro vi passi anche per traffici di natura delittuosa oltre alle reti pedofile mondiali.

L’interminabile barzelletta del cognome proibito

Tornando al signor Ricchioni, questo cognome non può essere in alcun modo menzionato sul più diffuso social network: per Facebook l’insegna del suo negozio è di incitamento all’odio, è omofoba, mina la serenità sociale, turba le coscienze; e va censurata insieme con chi ne pubblichi una foto, che si becca trenta giorni di sospensione e il sibillino avviso che può essere cancellato a vita. Una barzelletta? Per nulla.

ricchioni dal 1962Il 7 luglio siamo stati sospesi da Fb per trenta giorni proprio per aver pubblicato il 26 giugno nel gruppo “Forconi e pecore” la foto umoristica dell'insegna di un negozio con la scritta "Ricchioni dal 1962". Il post è stato ritenuto di incitamento all'odio per orientamento sessuale; mentre è evidente che rientrava solo in una serie di titoli curiosi o umoristici, prevalentemente di giornali, nomi di strade e insegne di negozi. Ci siamo affrettati a chiarire subito col messaggio “Femmine, gay, lesbiche, maschi, omosessuali e ricchioni, sempre benvenuti nel gruppo!”. Non l’avessimo fatto! Il 20 luglio, infatti, Facebook ha rimosso il post considerandolo sessista. Che manicomio!

Ma all’indomani del 7 luglio Fb, infatti, ha cambiato decisione, comunicandoci che il post con l’insegna non violava il regolamento e che la sospensione di trenta giorni era revocata. Felici e contenti, ne abbiamo dato notizia in “Forconi e pecore” col post “Il negozio di Ricchioni non offende, Fb accoglie il reclamo e si scusa dell’errore”.

Tutto chiaro? Nossignori: il cognome Ricchioni è ritenuto ora offensivo e scatta di nuovo la sospensione per trenta giorni. Dunque è offensivo oppure no? Gli scienziati supervisori di Fb respingono il reclamo: è offensivo. Mamma mia che casino!

Salvaguardiamo con i mutandoni gli scemi bacchettoni

nudistiNella stessa mattinata del 20 luglio Fb aveva rimosso dal gruppo il post, appena pubblicato, con un link all’articolo dell’agenzia di stampa Agi “In Valsesia ci sarà la prima spiaggia per nudisti su un fiume”, corredato dalla foto di un campo nudista francese che mostra appena i culi di persone inquadrate a notevole distanza. Non ci stupiamo, perché Fb è ormai famoso per aver censurato capolavori d’arte, quadri e sculture con natiche che sono la delizia degli occhi, tranne che per gli scemi bacchettoni, che ancora vorrebbero le donne alla spiaggia in mutandoni. L'importante è che chi delinque può continuare a farlo.