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Gruppo Edicom

 

direttore Salvo Bella         
       
 

francesco anelliRicevere per posta un proiettile con un biglietto di minacce non costituisce pericolo: l’ha sostenuto in un atto d’ufficio il dirigente del commissariato di polizia di Legnano riferendosi ai fatti intimidatori da me subiti dopo la pubblicazione del mio libro “Yara, orrori e depistaggi”, risalente al febbraio 2014. Lo stesso funzionario aveva falsamente affermato che precedenti minacce pervenutemi da Padova erano la conseguenza di un mio comportamento professionale deontologicamente immorale per essermi appropriato ventimila euro destinati a far luce sulla morte della piccola Yara Gambirasio.

Il biglietto anonimo contenuto nella missiva (leggere il precedente articolo) era vergato con due parole scritte a mano in stampatello: “Muto Fava”. Mi si intimava di tappare la bocca e la seconda parola poteva ricordarmi soltanto Giuseppe Fava, grande giornalista e mio primo maestro, che fu assassinato a Catania dalla mafia il 5 gennaio 1984. Ormai dalle parole si passava ai fatti. Ma perché? Sulla lettera, regolarmente affrancata, dall’annullatura postale non si leggeva, almeno per me, il luogo di provenienza; e questo mi fece pensare a Catania, perché da lì ero stato contattato per deporre in un procedimento penale per mafia. Più in avanti le indagini potranno dire forse da dove partì quella lettera.

Più tardi ho immaginato che le minacce fossero partite invece proprio dalla Lombardia piuttosto che da Catania, dopo che il dirigente del Commissariato di Legnano, non soddisfatto del primo falso, rincarò la dose, scrivendo che le ulteriori intimidazioni e la ricezione del biglietto minaccioso (così diventato il proiettile accompagnato da un biglietto) non costituivano per me alcun pericolo. Forse, si penserà, perché il proiettile era risultato di piccolo calibro, quasi che ad avere una forza deterrente possa essere solo il 38? Sarebbe stato un pensiero balzano; e infatti il funzionario sostenne invece che io stesso non me n’ero preoccupato, altrimenti ogni volta mi sarei affrettato a telefonare al 113 invece di presentarmi alla più vicina stazione dei carabinieri.

Può essere utile sapere che fra Legnano e Varese il servizio di emergenza e soccorso pubblico è gestito da anni da privati che rispondono al 112, si fanno raccontare il motivo della chiamata e poi passano al telefono, per raccontare nuovamente, pompieri, carabinieri, polizia municipale, polizia di stato o altro organo competente per materia; ma nella maggior parte dei casi il cittadino, tranne che non ci siano morti o abbia un fucile puntato alla testa, si sente dire di presentarsi quando può in caserma a esporre denuncia. Avete sentito mai parlare di “volanti” accorse in casa di un cittadino che ha ricevuto una lettera anonima, anche con un proiettile?

Aveva ragione, con la sua esperienza, il dott. Anelli nel senso che, appunto, non c’era alcun pericolo immediato; ma in quanto al rischio che alcuno potesse farmi la pelle… lasciamo perdere.

Io vecchio cronista, definito dal funzionario, bontà sua, di condotta generalmente irreprensibile e indenne da pregiudizi, ma contemporaneamente immorale per essermi appropriati ventimila euro senza pietà per la povera Yara Gambirasio, non so dove si cercava di andare a parare per quel proiettile. Scrisse infatti in proposito il dott. Anelli: “Si evidenziano incongruenze, in quanto il biglietto minaccioso sarebbe stato temporalmente ricevuto in data 31-10-2014 ma denunciato soltanto il 3 novembre 2014”; quasi che il proiettile potesse essere una mia invenzione.

Alle minacce per il mio libro “Yara, orrori e depistaggi” si è aggiunto il bavaglio di Stato sulle minacce. Il dirigente del Commissariato di Legnano, che oltre a essere autore di importantissime operazioni anticrimine (come si vede nella foto) si presume bene informato, ha scritto anche infatti che il 3 giugno 2014 la Procura della Repubblica di Milano avrebbe chiesto l’archiviazione del procedimento penale scaturito dalla denuncia-querela da me presentata il 24 febbraio precedente contro il “benefattore” della provincia di Padova; peccato che, pur avendo chiesto di essere avvertito anche in caso di richiesta di archiviazione (si veda l’articolo “Ventimila euro presi da un cronista biasimevole”), io querelante non sono stato mai avvertito di un bel nulla.

Ma che cosa può avere indotto un così alto funzionario di polizia ad attribuirmi falsamente in un atto pubblico l’uso di ventimila euro destinati a scoprire gli assassini di Yara Gambirasio? Da che cosa poteva muovere una relazione così odiosa e infamante al punto da chiamare in causa la mia deontologia professionale?

6 - CONTINUA