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Gruppo Edicom

 

direttore Salvo Bella         
       
 

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Il processo che si celebra alla Corte d’Assise di Bergamo non ha chiarito i misteri che avvolgono ancora, dopo oltre cinque anni, il caso criminale di Yara Gambirasio. Il pm Letizia Ruggeri non ha dubbi sulla colpevolezza di Massimo Bossetti, ma nella prima parte della requisitoria, ripercorrendo l’evoluzione delle indagini, ha ricordato “Ci spaccammo la testa. Ipotizzammo di tutto, dallo scambio di persona al rapimento”. Resta come un macigno il fatto che per ben tre mesi (dal 26 novembre 2010, giorno della sparizione a Brembate di Sopra, al 26 febbraio 2011, data del ritrovamento del cadavere in un campo incolto di Chignolo d’Isola) gli inquirenti sostennero che Yara era viva e l’avrebbero riportata a casa. Che fine hanno fatto quelle “prove”?

Ma il processo si avvia all’epilogo con la richiesta annunciata di condanna all’ergastolo, dopo innumerevoli udienze con confronti accesi tra accusa e difesa che non sono bastati a fare chiarezza su consistenti lacune, già riassunte due anni fa nel mio libro “Yara, orrori e depistaggi”. Domani 18 maggio 2016 per Bossetti, in carcere dal 14 giugno 2014, sarà il giorno più terribile: come reagirà alle conclusioni della requisitoria del pubblico ministero?

Fra dna che per una parte sembra inchiodare l’imputato e un’altra che contraddice la prima, furgoni cassonati e aperti, persone strane che si aggiravano accanto alla palestra dalla quale Yara uscì per sparire fulmineamente senza essere vista, non c’è stato al processo un testimone che in quella tragica sera avesse notato la ragazza, da sola o con qualcuno, o che avesse sentito urlare: com’è possibile? Tuttora le lesioni riscontrate poi sul corpo sono difficilmente riconducibili all’azione di un predatore, che per chilometri avesse trasportato Yara restando alla guida di un furgone e contrastando le reazioni della vittima. Lo stesso movente sessuale non è suffragato da elementi importanti. Vittorio Feltri, che non è solito fare sconti ad alcuno, in un nuovo articolo su liberoquotidiano.it ribadisce questi e altri dubbi; e spiega perché Massimo Bossetti andrebbe assolto, come sostengono i suoi difensori Claudio Salvagni e Paolo Camporini, che svilupperanno le arringhe conclusive.

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