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Gruppo Edicom

 

direttore Salvo Bella         
       
 

Noemi DuriniDa mesi la madre aveva denunciato violenze e minacce, ma le sue richieste di aiuto erano rimaste sepolte fra le carte che la giustizia nemmeno legge; così in provincia di Lecce è morta Noemi Durini, assassinata da un giovane notoriamente violento che poteva e doveva essere fermato con tempestività. Appare risibile che il ministro Andrea Orlando disponga adesso accertamenti, col solito criterio di porre cancelli al tesoro di Sant’Agata dopo che è stato rubato.

La storia tragica di questa ragazza non è la prima né, purtroppo, sarà l’ultima. C’è una lunga serie di delitti che sarebbe stato possibile impedire se un governo serio avesse imposto agli uffici giudiziari il rispetto della legge con l’esame immediato di denunce ed esposti che pervengono, nell’ordine cronologico, anziché abbandonarle senza nemmeno leggerle perché riguardano poveri sconosciuti, per dare invece priorità a casi pruriginosi capaci di assicurare pubblicità sui media.

 

I ritardi della magistratura non possono essere attribuiti sempre alle carenze di organico, un alibi che viene utilizzato per mascherare il lassismo di molte toghe, con conseguenze molto gravi per la collettività. Ci sono Procure che, con quella scusante, lasciano giacere per anni denunce anche di fatti gravi, senza muovere un dito o disporre indagini, e tuttavia in modo sorprendente mandano avanti speditamente procedimenti anche d’ufficio sulla base di semplici notizie di stampa. Come si spiega?

I trascorsi comportamenti dell’assassino di Noemi, sebbene minore dei 18 anni, e forse anche per questo, erano vieppiù allarmanti, tali da allertare qualsiasi buon padre di famiglia; ma la logica perversa del lasciar perdere ha permesso che si disponesse solo qualche esame dei servizi sociali da effettuarsi, come accade sempre, con i tempi della diligenza. Solo una volta che l’omicidio annunciato è stato commesso si dispone, ora, il piantonamento dell’abitazione della vittima, i cui familiari erano già da parecchio tempo in pericolo.

Il ministro della Giustizia, preso dalle diatribe interne al Pd, cerca consensi mostrando nelle tv la sua faccia suadente per proporsi come alternativa seria a ciarlatani del suo partito, ma sistematicamente glissando sullo sfascio allarmante del sistema giudiziario. Che cosa ha fatto in questi anni al ministero?

I reati di violenza e di minaccia alla vita non possono essere più affrontati nelle Procure da magistrati che al massimo si sono occupati solo di ingiurie o addirittura di cambiali protestate, non aventi perciò la capacità di ben valutare il pericolo e conseguentemente disporre con l’urgenza necessaria, in base alle leggi, che ci sono. Avere introdotto nuove norme sullo stalking non è servito a evitare femminicidi. Il ministro valuti bene l’opportunità di attribuire in materia poteri concreti alla polizia giudiziaria, cioè a carabinieri e polizia, oppure di istituire nelle principali Procure l’ufficio del magistrato della prevenzione, da affidare solo a chi ha esperienza di reati di violenza contro la persona.