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L’omicidio di Yara Gambirasio e il caso di Massimo Bossetti, condannato all’ergastolo per il delitto, saranno al centro di un dibattito sabato alle 17 all’Auditorium di Treviglio in provincia di Bergamo, dove sarà presentato il libro del giornalista Tommaso Accomanno “Social Crime. Yara Gambirasio e Massimo Bossetti nei gruppi di Facebook”, appena pubblicato da Gruppo Edicom.
Accomanno ha scrutato nei gruppi di Facebook, pubblici e segreti, pro e contro Massimo Bossetti, il muratore che com’è noto è stato arrestato nell’estate del 2014 ma continua a protestarsi innocente nonostante le due sentenze che lo considerano l’unico assassino di Yara.
Il libro contiene una accurata analisi delle modalità e dei toni con i quali il caso è stato trattato sul social e offre anche le spiegazioni dei protagonisti dei vari gruppi, attraverso una serie di interviste. In “Social Crime”, unico nel suo genere, sono citati ben 170 nomi e raccolti documenti sulle minacce che sono state rivolte a magistrati e giornalisti impegnati nei processi sull’omicidio.
Nell’incontro di Treviglio, organizzato da Bangherang e introdotto dall’assessore alla Cultura Giuseppe Pezzoni, converseranno con Tommaso Accomanno i giornalisti Pietro Tosca e Salvo Bella, autore del libro “Yara, orrori e depistaggi”.
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- Scritto da Mario Schembari
Facebook ha sospeso Salvo Bella, nostro direttore, per aver commentato con le semplici parole "Fresco fresco" un messaggio di minacce apparso sul social, dove era stato condiviso da oltre trecento utenti il suo articolo "Bossetti, bufera giudiziaria sui gruppi di Facebook". L'accaduto ha suscitato svariate reazioni nei gruppi, a cominciare da "Forconi e pecore", di cui Bella è amministratore.
Il giornalista è da anni bersaglio di minacce, ancora in corso, da parte di facinorosi sostenitori dell'innocenza di Massimo Bossetti, condannato all'ergastolo per l'omicidio di Yara Gambirasio. Decine di persone sono indagate per minacce gravi e diffamazione. L'ondata di attacchi è ripresa in modo più violento in coincidenza con l'uscita, avvenuta oggi, del libro di Tommaso Accomanno "Social crime. Yara Gambirasio e Massimo Bossetti nei gruppi di Facebook", nel quale è pubblicata anche una intervista a Salvo Bella.
La reazione del giornalista non si è fatta attendere: "Facebook - dice - invece di censurare professionisti minacciati farebbe bene a espellere dal social i delinquenti che vi imperversano. Mi auguro che valutino bene il grave errore commesso, che fa solo ringaluzzire dei malfattori".
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Reclusione da uno a sette anni: è quanto rischiano numerosi sostenitori dell’innocenza di Massimo Bossetti, il presunto assassino di Yara Gambirasio, per avere minacciato in gruppi di Facebook magistrati di Bergamo e Brescia impegnati, da pm o da giudici, nei processi a carico del muratore condannato attualmente all’ergastolo. Non si escludono provvedimenti cautelari. Le gravi minacce erano state denunciate il 7 novembre dell’anno scorso dalla rivista “Il Delitto” con l’articolo “Bossetti: un piano eversivo contro la magistratura tra gruppi di fans inguaiati con la giustizia”, dal quale è scaturito un procedimento d’ufficio.
Processi per diffamazione o minacce sono pendenti in tutta Italia: una bufera. Uno sarà celebrato il 4 luglio a Como, imputato l’avv. Claudio Salvagni, difensore di Bossetti, per aver detto nel 2015 “Mi viene voglia di usare la calibro 38” riferendosi alla nota criminologa Roberta Bruzzone e a redattori del settimanale “Giallo”.
I magistrati presi più di mira sconsideratamente e in modo ricorrente da facinorosi sono il pm Letizia Ruggeri e i giudici Antonella Bertoja ed Enrico Fischetti.
Le indagini in corso hanno portato, secondo quanto si apprende da fonti investigative, all’acquisizione di abbondante documentazione probatoria e all’identificazione degli autori dei messaggi farneticanti, alcuni dei quali già detenuti per altri motivi, anche con provvedimento definitivo.
Quasi ad alimentare le polemiche o ad offrire ulteriori elementi sulle minacce rivolte alla magistratura, esce oggi il libro di Tommaso Accomanno “Social crime – Yara Gambirasio e Massimo Bossetti nei gruppi di Facebook”, che analizza il fenomeno e pubblica ben 170 nomi, fra i quali quelli dei più accaniti “bossettiani” al centro delle inchieste giudiziarie in corso.
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Giunge martedì in Cassazione l’omicidio di Pietro Sarchié, il pescivendolo di San Benedetto del Tronto assassinato il 18 giugno 2014 per rivalità di mestiere, allo scopo di far propri i suoi clienti. Il procuratore generale di Ancona aveva impugnato l’anno scorso la sentenza di secondo grado, con la quale il catanese Giuseppe Farina è stato condannato all’ergastolo e il figlio Salvatore a vent’anni perché al momento del delitto era giovane: una motivazione che ha suscitato scalpore e non rende giustizia, per i motivi abietti del delitto e per le atroci modalità di esecuzione.
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Un giornalista di Treviglio, Tommaso Accomanno, ha sbirciato in tutti i gruppi di Facebook, anche quelli segreti, che da oltre otto anni si scontrano discutendo dell’omicidio di Yara Gambirasio e del suo presunto assassino Massimo Bossetti. Quattro mesi prima del processo in Cassazione all’unico imputato, ecco i risultati del lavoro di Accomanno nel suo libro “Social Crime - Yara Gambirasio e Massimo Bossetti nei gruppi di Facebook”, annunciato da Gruppo Edicom per il 7 giugno. Oltre a svelare nomi e commenti che solo piccole cerchie di persone hanno potuto leggere, il documento è una implicita mazzata ai processi paralleli che, accanto a quelli nelle aule di giustizia, sono stati celebrati da “cronisti” di questa nuova era.
L’approccio di Accomanno all’argomento – come avverte l’editore – è pacifico: lo studio è nato infatti come tesi di laurea all’università La Sapienza di Roma con l’obiettivo dell’autore di restare asettico. Prima ancora che la questione Bossetti innocente o colpevole dell’impressionante delitto di Brembate, vi si affronta innanzitutto la rapidissima evoluzione dei mezzi di informazione a discapito dei giornali tradizionali e a vantaggio dei social internet, nei quali chiunque ha avuto sempre più, anche con esiti deleteri, la possibilità di improvvisarsi cronista con capacità in tempo reale.
Leggi tutto: Yara e Bossetti: in un libro i segreti dei gruppi di Facebook
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“Qualcuno sa il nome del vero assassino di Yara e lo so anch’io”: l’ha affermato oggi una donna del Bergamasco, Ombretta Romani, intervendo in un post nel gruppo di Facebook “Forconi e pecore”, dopo avere sostenuto che Massimo Bossetti, condannato all’ergastolo per l’uccisione di Yara Gambirasio, sarebbe innocente. L’amministratore del gruppo, il giornalista Salvo Bella, e numerosi iscritti l’hanno invitata ad avvertire tempestivamente i carabinieri.
Nel dibattito che s’è sviluppato, ed è ancora in corso, nel gruppo “Forconi e pecore”, viene chiamato in causa anche Alex Velis, il quale, ribadendo una tesi che sostiene da tempo sui social, Massimo Bossetti sarebbe stato “incastrato con dolo”.
Massimo Bossetti, com’è noto, è in attesa della pronuncia della Cassazione, prevista per l’autunno, che dovrà dire la parola conclusiva sull’ergastolo comminatogli a Bergamo e confermato a Brescia per l’efferato delitto.
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Facebook ha rimosso oggi dal gruppo “Forconi e pecore” un post sull’omicidio di Marilena Negri nel parco di Villa Litta a Milano e sospeso il giornalista Salvo Bella: riproduceva una inquietante immagine minacciosa diffusa su diversi profili da un perverso satanico in via di identificazione da parte della polizia.
Secondo il gruppo, il post rimosso aveva unicamente lo scopo di richiamare l'attenzione dei lettori su pericoli gravi, in base ai messaggi minacciosi di un sedicente Eros Liberati, oggetto di attenzione da parte di “Forconi e pecore”, che da giorni divulga fra i suoi diecimila lettori abituali il numero di telefono 349 456.63.10, fornito per iniziativa della magistratura, attraverso il quale segnalare sospetti alla Questura di Milano.
Leggi tutto: Giornalista attacca un perverso satanico: sospeso da Facebook
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“Una merda di meno”, morti, annunci di omicidi oscuri in nome di satana, immagini a volto incappucciato, di teschi minacciosi con annunci di brindisi e donne sotto tiro: in innumerevoli pagine “fake” si celerebbe un criminale psicopatico che il gruppo di Facebook “Forconi e pecore” ritiene di avere da ore smascherato e ha incalzato perché vive a Milano a duecento metri da Villa Litta, dove il 23 novembre è stata uccisa con una coltellata al collo Marilena Negri.
Il misterioso personaggio che va annunciando delitti si fa chiamare Eros Belotti, Eros Liberati, Eros Ghiggia e con vari altri nomi, dietro i quali si celerebbe in realtà un attore dilettante pornografico di Milano. In passato aveva minacciato numerose persone, fra le quali la nota criminologa Roberta Bruzzone, che allo scopo di tutelarsi l’ha querelato; ma il procedimento sarebbe ancora in alto mare. A riportare su di lui l’attenzione è stato un post inquietante nei suoi profili di Fb, con il quale esulta alla notizia della morte di Marco Battistelli, spentosi a gennaio di malattia, uno dei primi colpevolisti nel caso di Massimo Bossetti, il muratore condannato anche in appello all’ergastolo per l’uccisione di Yara Gambirasio. Ma il messaggio è risultato inquietante: "Uno dopo l'altro – scrive - lo seguirete".
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Un cappio al collo è il regalo annunciato su Facebook nel giorno della Befana per giudici, per la criminologa Roberta Bruzzone e per il giornalista e scrittore Salvo Bella. Sono le prime minacce di morte dell’anno contro professionisti che si occupano di delitti e per questo continuano ad essere bersaglio di intimidazioni con un preoccupante crescendo.
Lo scritto intimidatorio è apparso il 6 gennaio in una pagina di Facebook denominata “Sabrina libera adesso”, un “fake” sotto il quale si cela un pugliese da tempo presente sui social sotto false identità, fra le quali “Sabrina Misseri”, dal nome della giovane condannata all’ergastolo per avere ucciso nel 2010 ad Avetrana la cugina Sarah Scazzi. Sarebbe, secondo i primi accertamenti, un uomo 63 anni, di Turi in provincia di Bari; il quale da tempo sostiene l’innocenza della Misseri e di altre persone accusate di omicidio, come Giuseppe Bossetti, condannato all’ergastolo anche in appello, ma non in via definitiva, per l’uccisione di Yara Gambirasio.
Nel post la Bruzzone è definita criminale, psicotica, assassina, e bisognerebbe “aprirle la testa”; Salvo Bella “vergogna della Sicilia” e “congenito giornalista di merda”; i giudici “rottinculi”; tutti con “merda nel cervello” e infami. Il testo si conclude col macabro messaggio “Questa è la vostra Befana”, al quale segue una foto a colori mostrante un cappio a nodo scorsoio penzolante.
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- Scritto da Mario Schembari
Uno scrittore antimafia siciliano, Salvo Bella, 68 anni, ha proposto la sua candidatura al Senato a Legnano, dove vive, nelle imminenti parlamentarie del M5S.
Giornalista professionista, iscritto all’Ordine dal 1971, da redattore del quotidiano “La Sicilia” e direttore di giornali si è occupato di mafia e criminalità, svolgendo inchieste i cui esiti sono stati fatti propri dalla Commissione parlamentare antimafia. La sua storia personale e professionale è entrata nel libro di Mario Bruno “Dal nostro inviato” fra i cronisti storici di nera impegnati per decenni in Sicilia sul fronte della lotta alla criminalità e nel mirino della mafia. Fra i suoi libri “Yara, orrori e depistaggi”, sull’omicidio di Yara Gambirasio. Il giornalista-scrittore si interessa di politica giudiziaria e della sicurezza, collaborando con noti specialisti, come la criminologa Roberta Bruzzone, e partecipando a convegni come relatore.
“Dopo anni di iscrizione e sostegno al Movimento, la mia scesa in campo - dice Salvo Bella - è finalizzata a potere intanto attrarre consensi per le liste del M5S, indipendentemente dalla mia candidatura, che com'è noto sarà decisa dagli iscritti. Se andrò in parlamento darò il mio contributo per la lotta efficace alla corruzione, una giustizia più efficiente e una informazione pubblica trasparente”.
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- Scritto da Salvo Bella
L’incontro fra Marita Comi e Antonio Di Pietro era stato sollecitato da prime attrici che si adoperavano da tempo per far cambiare difensore a Massimo Bossetti dopo la conferma della sua condanna all’ergastolo. Anche il contatto fra Di Pietro e il giornalista Giangavino Sulas, che ha portato all’articolo pubblicato sul settimanale “Oggi”, era stato procurato dalle stesse “amiche” del presunto assassino di Yara Gambirasio: una vicenda che dietro la normale apparenza dell’"amore” per un imputato innocente nasconde manovre di doppiogiochiste, donne deluse o con l’ambizione di salire alla ribalta, capaci di raccontarla privatamente in un modo e in pubblico in maniera del tutto diversa.
Leggi tutto: Bossetti e Di Pietro, retroscena fra amiche prime attrici
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Una violenta campagna di odio contro magistrati e giornalisti
Sostenitori dell’innocenza di Massimo Bossetti, all’ergastolo per l’omicidio di Yara Gambirasio, sono accusati di avere oscurato a Vicenza con un attacco hacker il server di un sito internet, vittima la nostra rivista online “Il Delitto”, con sede a Legnano, che ha denunciato oggi alla Procura della Repubblica di Busto Arsizio 29 persone per interruzione abusiva di sistema informatico, minacce, diffamazione aggravata e sostituzione di persona.
Per impedire la connessione al sito della rivista sono stati effettuati attacchi di tipo DDoS (distributed denial of service), che, scavalcando ogni protezione, puntano a rendere irraggiungibili e inutilizzabili interi data center e reti di distribuzione dei contenuti, facendo diventare inaccessibile per ore, giorni e in alcuni casi anche settimane un servizio online.
L’attacco è stato rivendicato pubblicamente dagli stessi autori, che nel criticare la rivista “Il Delitto” per i suoi servizi sull’assassinio di Yara Gambirasio vantavano di “atterrare il server per una settimana”.
Leggi tutto: “Amici” di Bossetti oscurano un sito internet: 29 denunciati
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- Scritto da Salvo Bella
L’aggressione selvaggia al giornalista Daniele Piervincenzi ad Ostia è il risultato di una escalation allarmante di minacce che sono diventate ormai una prassi. Il ministro degli Interni Marco Minniti ha esultato per il rapido fermo dell’aggressore, ma si richiede che cambi la linea disponendo che prefetti e uffici di polizia non impediscano più che i cronisti di nera circolino armati per la loro difesa personale.
Sono almeno 256, secondo Ossigeno per l’Informazione, i professionisti minacciati; ma il numero è in realtà molto più alto poiché spesso si rinuncia a denunciare i reati, non potendo confidare nei tempi, estremamente lunghi, della giustizia.
L’aggressione di Ostia avrebbe potuto avere conseguenze tragiche, per la violenza inaudita anche per contesto pericoloso di mafia nel quale si è verificato.
Nel tempo i governi hanno reso inefficace una circolare che disponeva, in presenza dei requisiti di buona condotta, il rilascio del porto d’armi per difesa a specifiche categorie di cittadini, fra le quali quella dei giornalisti di professione specializzati di cronaca nera e giudiziaria, ritenuti a rischio elevato per il solo fatto dell’attività svolta. Negli ultimi anni è intervenuto invece l’indirizzo governativo - che non trova alcuna spiegazione - di assoggettare la licenza, anche per i giornalisti, all’effettiva esistenza di elevato rischio per la sicurezza personale, affidato all’esclusiva valutazione dei prefetti, che a loro volta uniformano pedissequamente il parere a quello che viene espresso da uffici di polizia periferici, spesso abituati solo a dar la caccia a ladri di polli e non sempre in grado, perciò, di valutare correttamente.
Un commissariato ha persino ritenuto scandalosamente che ricevere minacce e un proiettile inesploso per posta non costituisce pericolo e l’ex vice ministro Filippo Bubbico ha avallato questa esilarante conclusione senza nemmeno spendere due righe di motivazione. Molti giornalisti di professione si trovano oggi nella difficilissima situazione di aver negato dopo quarant’anni il rinnovo della licenza con l’assurda motivazione “non ha bisogno di circolare armato”, pur con una storia recente e attuale di lavoro svolto su temi e fatti criminali di straordinaria gravità.
Ciò equivale a mettere il bavaglio o a smussare le penne, mentre le organizzazioni mafiose proliferano in tutta Italia, gli episodi di corruzione nella pubblica amministrazione dilagano e si registrano sempre delitti efferati che determinano divisioni nell’opinione pubblica e comportamenti aggressivi da parte di facinorosi che prendono di mira magistrati e giornalisti.
C’è da sperare che il ministro Minniti alle parole di conforto faccia seguire disposizioni urgenti perché ci venga restituito il diritto di difenderci senza dover fare salamelecchi a commissari sprovveduti.
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